25 gennaio 2011

Risolvere un problema

"Quello che devi fare è risolvere un enigma. e con gli enigmi, quello che devi fare è rifletterci per un po', considerare tutti i fatti che puoi scoprire e poi formulare un'ipotesi. Proporre una soluzione. Il passo successivo è fare quanto possibile per confutarla. Mostrare che i pezzi non si incastrano nel modo in cui avevi proposto: se ci riesci, proponi un'altra soluzione. E poi riprovi. La realtà è un puzzle ingannevole. capita che alcuni pezzi si incastrino fra loro, anche se quello non è davvero il loro posto. Alcune soluzioni sembrano giuste per un po' di tempo, ma poi fanno fiasco. La soluzione che tiene conto di tutti i fatti rilevanti e non può essere confutata - tutti i pezzi vanno a posto senza forzarli, e quelli nuovi si adattano a quelli che già abbiamo - probabilmente è quello che stavi cercando"

Kary Mullis - Ballando nudi nel campo della mente

Solo noi, in Italia, da circa vent'anni cerchiamo di risolvere i problemi sempre con la stessa soluzione...

16 gennaio 2011

Anche questo è un "tre parole"

Qualcuno si ricorda ancora dei miei racconti "solo tre parole"? Spero di sì perché io non me ne ero scordato affatto, solo che non sempre si va in linea con i propri desideri, soprattutto nello scrivere. Il 25 ottobre del 2009, temendo di avere l'immaginazione un po' assonnata ho chiesto ai lettori di propormi tre parole, un aggettivo, un sostantivo ed un verbo, ed io ci avrei scritto un post sopra, di proposte me ne sono arrivate trentatre ed io ho promesso a voi, ma soprattutto a me, che, anche se ci sarebbe voluto un secolo, avrei utilizzato le trentatre triplette. Solo che alcuni hanno esagerato con la proposta, una di queste è stata la volpe che, più che proporre le tre parole, ha proposto un vero e proprio plot, vi riporto il commento che lasciò ormai più di un anno fa e poi il racconto che ne è uscito:

Bene sono ancora in tempo....
Allora scelgo un altro metodo di ispirazione:
Soggetto: Pin-up
Esterno notte : banchina del porto
Oggetto: foglietto di carta
fin qui facile vero??!!
Difficoltà aggiunte: scimmietta ammaestrata- altalena appesa al ramo di un albero - messa cantata.

Si è proprio divertita, vero, beh, ci ho messo un bel po' ma finalmente il post dalle parole de la volpe è pronto


Un cumulo di neve sporca

Faccio sempre il turno di notte, soffro di insonnia, tutto quello che ho visto al massimo mi concede un paio d'ore di sonno tormentato e sfiancante più della veglia; e poi la notte mi è sempre piaciuta, si incrociano persone vere, le ore della notte cancellano la maschera di normalità che tutti indossiamo durante il giorno. “Abbiamo avuto la segnalazione di un cadavere al molo trentadue del porto, commissario, che fa? Viene con me?”, è quasi l'una ed una telefonata anonima ha appena fatto rimbombare le stanze del commissariato, il mio vice è entrato facendosi anticipare da un bussare leggero e mi fissa con gli occhi stanchi di chi ne ha vista una di troppo; la domanda me l'ha fatta per pura formalità, ci conosciamo troppo bene, sa che ci andrò anche io, come sempre. Quando arriviamo al porto il vento freddo di maestrale proveniente dal mare ci taglia la faccia scavalcando il bavero alzato; il cadavere c'è davvero, dietro uno dei container, proprio davanti alla banchina del molo trentadue, una ragazza, pallida, lunghi capelli neri a cornice del volto, un taglio ad aprirle il collo come un secondo sorriso e tutt'intorno una pozza di sangue vermiglio; gettata lì, come un rifiuto, vicino ad un cumulo di neve sporca. Ad individuare chi è ci mettiamo poco, vicino al corpo c'è una borsa e non è stato rubato nulla, documenti, soldi, cellulare. Si chiamava Marie Swan ed aveva ventidue anni, faceva la pin up in un locale di burlesque del centro; indossa ancora il costume con pizzi e bustino che, probabilmente, usava sul lavoro; nella mano sinistra stringe un foglietto di carta con una frase in corsivo elegante: “Lo farò ancora”. La storia di Marie è quella di tante; un piccolo paese di provincia, la vita sempre uguale da generazioni, la scuola, il coro della chiesa, magari il ruolo di solista nella messa cantata di Pasqua o Natale ed i sogni che iniziano a stare stretti. Ne arrivano tante qui, in città, di ragazze uguali a lei, alcune hanno fortuna, altre incontrano la persona sbagliata, come è successo a Marie, e finiscono in un gioco più grande di loro. C'è chi crede che la cosa peggiore di questo lavoro siano le vittime, lo scempio che di loro l'umano è capace di fare, ma non è così, la cosa peggiore e chi rimane, guardare negli occhi un marito, un figlio, una madre, mentre dici quello che è accaduto, vedi il dolore, lo senti, ti arriva forte, in faccia, come uno schiaffo e poi vedi tutti i dubbi e le domande del mondo che spengono lo sguardo di chi hai di fronte. Non delego mai questo compito, lo faccio sempre io, come un'espiazione dei mali del mondo; anche in questo caso faccio così, decido di farmi accompagnare da un'agente in un silenzioso viaggio verso la provincia, verso un parente ignaro, prima che lo scopra in qualche altro modo. La casa d'infanzia di Marie è una villetta in periferia, un prato, cespugli e qualche albero e, ad uno di questi, un po' sulla sinistra della casa, appesa ad un robusto ramo, una vecchia altalena che avrà sicuramente accompagnato tanti momenti di Marie; mi sembra quasi di vederla, cercare di afferrare il cielo, cercare di salire ancora più su. La donna che mi viene ad aprire ha meno di cinquant'anni, lunghi capelli neri come la figlia ed in mano un canovaccio per asciugare i piatti appena lavati. Quando le dico chi sono il sorriso le si appiattisce in uno sguardo di preoccupazione, mi fa accomodare in un luminoso salotto con una vetrata sul giardino da cui si vedono perfettamente gli alberi e l'altalena. La stanza è piena di foto di Marie, della sua infanzia, proprio davanti a lei, sul tavolino, ce n'è una in cui una Marie di circa dieci anni tiene in braccio, divertita, una scimmietta ammaestrata, di quelle con il gilet rosso ed il fez, probabilmente scattata ad una fiera o ad un circo. Quando le dico cosa è successo, mentre recito il solito copione di formalità, le sue nocche sbiancano stringendo il canovaccio ed esplode in un pianto silenzioso tenendosi la testa tra le mani. Mi racconta di sua figlia, della sua vita e delle scelte fatte, del suo non farle mai mancare l'affetto attraverso una telefonata, una lettera; ascolto senza dire nulla, sono venuto per quello, per assorbire le sue parole. Quando sto andando via, sulla porta, mi accorgo di avere ancora in tasca il foglietto di carta che le abbiamo trovato in mano, “Lo farò ancora” e guardando negli occhi ormai spenti quella donna, faccio quello che un buon poliziotto non dovrebbe fare mai: prometto.


Solo un'ultima cosa, una dedica; il 14 dicembre scorso è stato il ventennale della morte di Friedrich Dürrenmatt e lo scorso 5 gennaio il novantennale dalla nascita; considero Dürrenmatt un grandissimo scrittore che ha ricostruito il romanzo giallo, per questo, questo post è dedicato alla sua memoria.

11 gennaio 2011

Dei blog che chiudono

No, non temete (o festeggiate), non ho intenzione di chiudere il blog, solo che, nei commenti, mi è stato fatto notare come sembrasse che non volessi più questo blog ed allora mi sono soffermato a pensare. Sono 11 giorni che è iniziato il 2011 ed io non ho ancora scritto nulla e nemmeno in questo momento ho le idee molto chiare su cosa voglio scrivere. Non è il blog che mi pesa, a volte mi pesa la mancanza di voglia, a volte la rabbia mi fa venir voglia di mettere un grosso BLOG CHIUSO e amen ma poi mi fermo, mi fermo per tutto quello che questo blog significa per me. Più di 4 anni di parole e persone, persone che posso chiamare "amici" senza temere di esagerare; sono stato invitato a compleanni, a matrimoni, ho ricevuto parole di amicizia, di solidarietà, sono stato spronato ed io ho reso altrettanto. Ci sono blog che chiudono perché nascono, espressamente, a tempo, perché ci si è posti l'impegno di fare una cosa al giorno, per un anno, o cose simili. Ci sono blog che chiudono perché la vita ti porta a fare altro, perché arriva un momento in cui devi scegliere e scegli la cosa che, in quel momento, ti preme di più; magari poi ci ripensi, torni indietro sui tuoi passi, però, intanto te ne vai per un po'. Ci sono quelli che minaccia e chiudono e cambiano ma non ce la fanno a stare per troppo tempo lontani. I blog chiudono per tanti motivi, oppure siamo noi che non li leggiamo più, per i motivi più disparati, perché ci accorgiamo che di sentire le stesse identiche cose post dopo post ci siamo stancati; altri non li seguiamo più perché, dopo che ti contattano per chiedere di passare, dopo che li leggi, manco si degnano di ricambiare la visita, potrebbero anche essere le penne migliori del nostro tempo ma, francamente, me ne fotto. Altri non li leggi per invidia, sì, l'invidia che, sfortunatamente, è un sentimento molto umano. In più di 4 anni di blog, con tutte le persone che sono passate, da cui sono passato io, ogni tanto mi chiedo dove siano, che fine hanno fatto, per curiosità, a volte per preoccupazione. Ci sono tanti motivi perché chiudono i blog, perché chiudono in generale o perché chiudono per noi e sono tutti motivi leciti, personali, comprensibili però ultimamente c'è un blog che ha chiuso ed il cui motivo mi ha intristito e fatto incazzare: il blog è quello di Alby ed Ivonne, Alive2, la splendida famiglia la leggevo da poco, ci deliziava con lunghi post divertenti e poetici, ci raccontava e ci mostrava tutta la famiglia...solo che un pedofilo si è intrufolato sul loro sito e loro sono stati costretti a chiudere ecco, a me 'sta cosa mi fa proprio incazzare.