31 dicembre 2012

Un anno

Un anno non è uguale all'altro così come i giorni di cui è composto e noi li viviamo, gli anni e i giorni, ognuno in maniera diversa e magari mentre ridiamo qualcuno piange e mentre amiamo c'è chi si ignora; come i dotti linfatici delle foglie che si ramificano sempre più sottili, in controluce, prendiamo una strada diversa ad ogni respiro, ad ogni battito di ciglia. Vi auguro una sorpresa ad ogni svolta ed un sorriso ad ogni scelta, vi auguro mille ripensamenti senza conseguenze e tutti i controsensi che desiderate. Vi auguro trecentosessantacinque albe leggere e tramonti rilassanti. Vi auguro di vivere le cose per ciò che sono senza che diventino fragili impalcature; che l'anno che arriva, diverso e uguale, vi regali voi stessi con tutto il contorno. Vi auguro tanti passi e tante soste, tanti cieli e tante facce. Vi auguro un anno che strabordi e tracimi, che cresca e si dipani. Vi auguro che siate ebbri e sobri, contemporaneamente. Vi auguro.

24 dicembre 2012

Gli auguri di quest'anno

Ho riso come uno scemo per tutto il video, fantastico! Chi ha detto che anche da serio sono scemo?! Eh?! CHI?? Hey, ma qualcuno senza braccio alzato non c'è? Mi conoscete tutti così bene?? Cazz, avrei dovuto lasciare un alone di mistero su di me ed invece...

Vi auguro un po' tutto quello che desiderate. Che poi, ci avete pensato? Se io auguro a due persone che si avveri quello che desiderano e poi le due cose sono in conflitto, come si fa? Io, per esempio, vi sto augurando tutto quello che desiderate ma, sicuramente, tra voi alcuni si augureranno il bene di altri, e metti che io, invece, a certe persone auguri una bella diarrea potentissima per le notti del 24, 25 e 26? No, perchè, pensateci, potrebbe anche essere, no? Cioè, voi magari siete affezionati a qualcuno che a me sfracella le palle; non sapete che, bene o male siamo tutti collegati? C'è chi dice che la teoria dei sei gradi di separazione ormai sia superata, grazie alla rete e ai social network i gradi sono meno e quindi potrebbe pure essere che l'entità testadicazzica lo sia per me e non per voi ed io vi auguro con il cuore che si avverino i vostri desideri e tra i vostri desideri, mettiamo, ci sta il bene dei sunnominati? Come la risolviamo? Vabbè, la risolviamo che, volendovi tanto bene, io vi auguro davvero, per questo Natale, tutto quello che desiderate, ma tutto tutto (a parte il mio male eh, che questo diventa un altro discorso lungo che, metti che, sì, mi leggete, ma vi sto sul cazzo pure io?(Oh, può succedere, no?(Oddìo, ancora la sindrome da parentesi))). Insomma, questo Natale siate felici, qualsiasi cosa vi scateni la felicità.

V'abbracci'attuttieh!!
Ah, sì, il video è opera di questo genio

21 dicembre 2012

Visto che tutti stanno dicendo qualcosa...

...dico qualcosa anche io:

"Quello che il bruco chiama fine del mondo il resto del mondo chiama farfalla"
(Lao Tse)

I cinesi sì che la sapevano lunga.

19 dicembre 2012

Indistinto signore

A lei, indistinto signore
che stamattina, alle prime ore
si apprestava a fumar sigaretta
denotando mancanza di fretta

A lei che con nonchalance
quasi fosse un passo di danse
ha aperto un nuovo pacchetto
contenente il fumabile oggetto

A lei che con fare preciso
senza il minimo cenno del viso
denotante un qualche intelletto
s'apprestava a fumare l'oggetto

A lei che non dubitando un momento
con in mano la carta d'argento
che alle sigarette fa da incarto
ha gettato per terra tal scarto

A lei, indistinto signore
che stamattina, alle prime ore
m'ha già fatto saltare i nervi
dico: c'ha più corna d'un branco di cervi!

10 dicembre 2012

La bocca brutta

E quando pensi di aver digerito, ti risale in bocca un brutto sapore, ti impasta le fauci, ti enfia le gote; ti fa soffiare sbuffi che appestano il naso, gorgogliare lo stomaco, risalire di acido. Ti chiedi quale delle cose che hai mangiato si sia fermata lì senza andare via davvero, aspettando il momento di tornare a galla, appesantirti la testa e distrarti il cervello; scorri il pranzo al contrario, dal caffè all'aperitivo, ti studi le portate ingrediente per ingrediente, tra uno sbuffo e l'altro. Proprio non ci credi che risalga quest'aria mischiata con non si sa cosa, una vecchia pietanza che credevi passata, ormai ricordo addirittura del fegato; eppure risale peggio di come è entrata, magari avariata già dalla partenza, lasciandoti la bocca brutta, cerchi una mentina, un digestivo, una limonata, qualcosa che sciacqui via il sapore, che fermi quella risalita.

01 dicembre 2012

La casa

Oltre ai ricordi che ho in testa ho solo un paio di foto scattate nel momento sbagliato, con il letto ormai tornato divano e scatole e bagagli ad occupare lo spazio. Ero già un ritornante in quel momento e traspare da quel pieno così provvisorio, da quello sfondo impersonale nelle foto. Non ho foto della casa quando ne facevo parte ma, ironicamente, ne ho di quando me ne stavo staccando. So perchè le ho scattate, me lo ricordo perfettamente, volevo avere un'immagine da far vedere, almeno una; un'immagine da cui si capisse poco quello che erano state quelle mura, quello spazio; un'immagine in cui fosse quello che, alla fine, era: un monolocale. Nient'altro. Senza la vita che ci avevo messo dentro, senza la mia voce, senza le mie cose sparse in giro, senza gli odori, i profumi; senza il tempo, lungo o breve, dipende dai punti di vista, in cui l'ho vissuta; solo una casa, via Biancardi 6, quinto piano. L'ho scattata perché così, ogni volta che l'avessi guardata sarebbe stata diversa dai miei ricordi, diversa da quella prima volta in cui l'avevo vista, alla fine di agosto del 2008, e ancora non sapevo che mi era piaciuta, non sapevo ancora che sarei stato lì. Era buia, e vuota da tanto, non aveva odore, me la mostrava, in fretta, un collaboratore di un'agenzia immobiliare che, alla fine, nemmeno avrei visto, mandato da un'agente che, alla fine, avrei sentito solo al telefono. Ogni volta che avrei guardato la foto, la casa sarebbe stata diversa da quel 5 ottobre in cui ci misi piede per restarci, già più personale, più mia, senza che, di mio, ci avessi ancora messo nulla. Non c'è niente da fare, raramente ti accorgi del sapore della vita mentre è in movimento; allora era solo una casa, un luogo che avevo scelto quasi con una monetina, un vuoto, piccolo, da riempire con troppa roba. Mi stupisco ancora adesso di quanta vita ci entri, in un monolocale. Diversa, mi doveva apparire, da quella volta in cui non riuscivo più a rientrarci perché ci fu un problema alla serratura; la foto doveva solo servire da spunto, l'ho scattata apposta così, come un foglio bianco, perché fosse diversa da come mi sembrò quella volta che avevo bevuto troppo, da quella volta in cui avevo riso tanto, e da quella in cui scappai via per tornare qualche ora a casa, come se quella, in quel momento, non lo fosse anche lei, la mia casa; vallo a capire, allora, per quanto ne avessi sentore, vallo a credere che quella stanza tutto fare con un bagno attiguo, era casa mia e tale è rimasta anche se non ci sto più, anche se il contratto d'affitto è risolto ed il tempo ha continuato a scorrere come sempre fa, ma cuore e corpo, spesso, hanno orologi diversi e quella nelle foto anonime è ancora casa mia e tale rimarrà anche se ormai sono tre anni che mi sono chiuso la sua porta alle spalle.

24 novembre 2012

Un po'(st) di distensione



Un po' di distensione ci vuole, troppa rabbia, troppo astio, troppo nervoso...
E poi questa è una gran canzone, ne sono sempre più convinto!

21 novembre 2012

Trooooppo coglione

(avere) Ideali alti non significano (essere) gente elevata.

(spero, con questo post, di terminare la Trilogia della rabbia di Baol e tornare a scrivere qualche racconto.

16 novembre 2012

Le pezze al culo

Seduto guardo la storia, a volte, o almeno credo sia quella, quell'insieme di immagini che mi passano davanti, spesso troppo veloci e non trovo la ragione da nessuna parte ma proprio da nessuna, eppure la cerco con la lente di ingrandimento, tanto per essere sicuro. Ascolto attentamente e non trovo ragione nell'astio, mi dispiace, non trovo ragione nel livore e se c'è uno che ne capisce di livore, quello sono io e mi fate ridere, imbambolati alle parole di un nuovo messia, chiunque sia, che ci illude che farà questo e quello, ma crescete! Cresciamo, per una volta almeno, anche una sola sarebbe già una conquista. Preferisco la musica, quella dove non capisco le parole, non mi va proprio di capire, lo capite? Proprio perché pensate di aver capito, tutto, preferisco non capire e starmene qui ad orecchie spiegate alle note. Preferisco un porno, guardate, alle cazzate, a tutte le cazzate, quelle scritte, quelle parlate; quelle gridate e sussurrate, meglio degli ansimi assestati bene. Preferisco un panino da McDonald credetemi, ché meglio scempiarmi il fegato dei coglioni ché all'estremo non c'è ragione e non lo capiamo proprio, non lo vogliamo capire. Come palloncini attaccati al rubinetto, ci gonfiamo, tutti incazzati, alla fin fine, con le palle vorticose, gelosi di quello che pensiamo, orgogliosi di quello che ci fanno pensare gli altri. Preferisco cambiare canale, guardami il Boss delle torte, le cucine da incubo i masterchef di tutto il mondo perché mi sono rotto e non c'ho il millechiodi, l'ho finito all'ultima lettura, fracassato in anima e corpo e rimontato. Seduto mi metto a ridere ché non c'è rigo che leggo in giro che non  mi vuole dire che sbaglio, che ne sa più di me, che c'hanno ragione loro; sono seduto, dalla parte del torto, naturalmente, causa posti occupati dall'altra parte.

09 novembre 2012

Malessereumano

Qualche giorno fa mi sono interrogato sulla natura dell'essere umano, probabilmente aver terminato un libro di Roth mi ha un po' predisposto a questa cosa ma, tant'è, mi è venuto in mente che l'essere umano è l'esatta rappresentazione della relatività, che può essere tranquillamente spiegata con una battuta che ho letto tempo fa su un libro: "La lunghezza di un minuto dipende dal lato della porta del bagno da cui ci si trova". Per quanto ci sforziamo di essere oggettivi non ce la faremo mai ad esserlo totalmente; ci viene naturale avere la lancetta del nostro credere orientata nel verso a noi più consono. Tanto per fare un esempio, se c'è qualcosa in cui crediamo, che ci è affine, siamo propensi a credere anche alla singola voce fuori dal coro e non alle mille che la smentiscono, di solito, in quel caso, le mille voci sono "una lobby", "una congiura", "una comunità chiusa", siamo propensi a credere alla più classica delle "voci da bar" senza nemmeno andare a constatare se la cosa è vera o falsa; ci sforziamo, studiamo, ci informiamo ma, dentro, saremo sempre più propensi verso le nostre convinzioni che verso quelle contrarie, non c'è nulla di male, è nell'essere umano, è naturale. La differenza, al massimo, sta nella gradazione; per fortuna non siamo tutti uguali, fa parte della bellezza della vita, la varietà, e questa varietà differenzia chi si pone dei dubbi e chi invece accetta le cose come verità apodittiche. A me 'sta cosa, tutto sommato, non mi dispiace; certo, preferirei che si analizzasse un po' di più quello che abbiamo di fronte ma capisco quando non ci riusciamo, se lo scrivo è perchè tante volte mi sono accusato, ex post, di non obiettività e discernimento. Fatto sta che, secondo me, la civiltà di un discussione è direttamente proporzionale alla voglia che ha l'interlocutore di convenire con noi qualcosa e inversamente proporzionale a quanto sentiamo nostro l'argomento della discussione; praticamente un'equazione. Vale anche per le persone eh, anzi, soprattutto per le persone; se una affermazione proviene da qualcuno con cui ci sentiamo affini, per cui proviamo simpatia, che sappiamo la pensa come noi, che ammiriamo, siamo più propensi ad accettarla, se non proprio a condividerla, ci viene quasi inconsciamente un moto di affinità. Mettiamo che una persona che sta ai nostri antipodi, un soggetto che ci sta antipatico, affermi: "Io sono il migliore e quelli che non lo hanno capito sbagliano", la prima cosa che pensiamo, forse l'unica, è: "Che persona presuntuosa". Se a fare una affermazione che abbia, bene o male, lo stesso senso della precedente viene fatta da una persona a noi affine, un sodale, qualcuno che, per un qualsiasi motivo, stimiamo, allora saremo meno categorici, ci penseremo su, magari saremo anche d'accordo e se qualcuno ci farà notare che, forse, in tale affermazione c'è un po' di presunzione magari risponderemo "E' una persona limpida, non è un ipocrita, dice le cose in cui crede"; quasi automaticamente saremo portati a giustificare la cosa sottolineando come non abbia un altro difetto, anche se sappiamo che presunzione e ipocrisia non sono comportamenti in antitesi. Vale per le affermazioni come per i comportamenti e come tutte le cose che riguardano l'essere umano, come ho detto prima, va anche in gradazioni, varia da persona a persona (e meno male), ci sono gli estremi che portano l'apprezzamento ai livelli della piaggeria e ci sono, la maggioranza, quelli che cercano l'oggettività ma, per la stessa natura umana, sono portati a preferire la parte verso cui pende la propria bilancia. Non credo che ci sia nulla di male in tutto ciò, semplicemente, magari, saperlo mi può aiutare nel tentativo, a volte da parte mia poco riuscito, di essere un po' meno partigiano; a pensare qualche attimo in più prima di dire "Ha torto" o "Ha ragione", "Ha fatto bene" o "Ha fatto male", ad applaudire qualcuno o a fischiarlo.

02 novembre 2012

Cinquecento




Mi piaceva un sacco questo spot, soprattutto la canzone, la voce di Finardi era una specie di calmante e ricordo che mi fermavo sempre a guardarla quando passava in tv. Lo spot era per l'uscita della "nuova" 500, era il 1991, almeno così dice Wikipedia, ed io avevo quindici anni, almeno così dice la mia carta d'identità. Non me la ricordo un'età tanto tanto facile, praticamente non è cambiato niente, però mi ricordo questa macchinetta che, a detta loro, doveva riportare in auge quella meraviglia che era stata la Fiat 500 originale, certo, quella era sinuosa e sensuale e questa sembrava una scatola di sardine ma, non so, a me piaceva. Mi piaceva vederla curvare per le "cinquecento strade che portan verso il mare", le immagini e la voce facevano il loro dovere, dovrei ringraziare di aver avuto solo quindici anni e quindi di non pensare nemmeno ad una macchina per me, altrimenti avrei tranquillamente potuto essere una sardina nella scatoletta. Ricordo che ascoltavo le parole e me le ripetevo in testa, le canticchiavo; chi, a quindici anni non ha almeno cinquecento sogni? Con i sogni che avevo io ci sarebbe stata bene anche la riedizione della 1100, tanto per dire. A pensarci adesso, "cinquecento albe a veder nascere il sole", sono un anno, quattro mesi e quindici giorni, quasi un anno e mezzo a svegliarsi prima delle sei, praticamente ci auguravano, già da allora, di diventare operai del primo turno, magari in Fiat. Io di albe coi controcazzi, quelle che ti si scolpiscono dentro a caldo, sì e no se ne ricordo quattro o cinque, qualche festa con amici e un paio di cieli che si colorano dentro inverni milanesi ma niente di più. Magari di albe ce ne saranno altre, chissà, ma intanto dal 1991 ad oggi sono passati ventun'anni, mi sa che devo farmi venire l'insonnia se voglio andare in pari. A quindici anni però va bene tutto, per sognare, magari la compagna di classe carina che t'ammollerà un due di picche da antologia oppure un concerto a cui non ti sarà permesso di andare, avoghj, ce ne stanno di cose da sognare, compresa l'alba.

Ah, sì, questo è il mio cinquecentesimo spot

22 ottobre 2012

Un Martini please...non Carlo Maria però

Spalanco con un calcio la porta del mio cervello e mando a fanculo il SuperIo, stava già cominciando a menarmela sulle aspettative, mi stravacco con l'Es e comincio a grufolare beato immaginandomi il chissàcosa. Da qualche parte ringhia la Rabbia alla catena del quieto vivere, c'ha ragione ad incazzarsi ché l'ennesimo "non puoi fare a meno di...", sinceramente, sfracassa un po' i coglioni. Me la vedo, l'Invidia, che va a menare l'incazzatura con i suoi deliri metafisici sull'essere ed il non essere, poi si lamenta che mando a fanculo lei e pure Amleto che, poverino, alla fine non m'ha fatto niente. L'Es mi propone due o tre immagini che sto lì lì per collassare quando il Buonsenso mi dice che non va. Come se non lo so che ci stanno un sacco di cose che vanno a cazzo, nel mondo ma quelle due o tre immagini non erano mica male per non pensarci, mi sa che erano i ricordi di qualcuna importante. Ecco che s'è staccata la rabbia e a mandato a gambe all'aria Invidia, SuperIo e pure Buonsenso ed adesso sbava in giro il suo livore su questi e quelli che, francamente, sono meno dell'unghia di un decimo di 'sto cazzo e non ci stanno nemmeno in uno stadio da quanto son gonfiati, guardati da folle gongolanti per non so cosa, uno sberleffo trito e ritrito su cose di cui, fortunatamente, non hanno mai saputo un cazzo ma questo non gli ha mai impedito non solo di professare ma pure di interrogare gli altri. Mentre Rabbia sta sfanculando almeno tre dimensioni di esistenza, SuperIo s'alza incazzato pure lui e mi viene a prendere per la giacca proprio mentre Es mi sta giusto raccontando di alcune rotondità. Alla fin fine, da che mondo e mondo, m'alzo di malavoglia dal mio stravaccamento e vado a prendere per un orecchio Rabbia dando, lungo la strada, un calcio in culo ad Invidia; lo riporto alla catena del quieto vivere, gli do da mangiare un po' del godimento delle teste di cazzo sparite, ché lo so che si calma sempre e, rimettendo a posto la porta me ne esco un po' fuori, all'aria.

Mi sa che sto lavorando troppo (o troppo poco)

17 ottobre 2012

Non vorrei mai diventare...

...uno di quelli che, mentre guida, discute con il passeggero e muove le mani come se cacciasse le mosche, con un occhio alla strada ed un occhio all'interlocutore come se fosse un camaleonte con la vista stereoscopica. Uno di quelli che procede lento ed ogni tanto indica in direzione di qualcosa con il dito indice rigido come uno stecco oppure, peggio, fa ondeggiare in su e in giù la mano destra tenendo fisso il polso e mettendo attaccati il polpastrello del pollice con quello dell'indice, che prima usava per indicare, e le altre tre dita aperte. Uno di quelli che cerca l'approvazione della persona seduta accanto che annuisce ma dentro è preoccupata del buon esito del percorso come se si aspettasse, da un momento all'altro, lo spuntare di un qualche animale ignaro, dal ciglio della strada e, per questo, tiene, rigido, il braccio destro sullo sportello. Uno di quelli che, approfittando del semaforo rosso, aumenta l'energia della perorazione della causa sconosciuta, spesso anche a se stesso, unendo le mani in una giaculatoria poco religiosa e guarda, senza guardare, davanti a se, fino a quando uno squillo di trombe alle sue spalle non lo avvisa che il semaforo gli sta chiedendo, per favore, di ripartire. Uno di quelli che tira fuori dal cilindro gli argomenti più disparati fino al parcheggio o, alternativamente, allo sfinimento del passeggero che tenta di lanciarsi fuori dall'auto in corsa. No. Mai.

08 ottobre 2012

Verità, lasco, mentire

Il post dalle tre parole di 24 Fotogrammi

Lo sguardo del Maestro

Il monastero si intravede a malapena, nella bruma, appare etereo a strapiombo sulla vallata, quasi sospeso. Un’ombra ingobbita si avvicina lentamente, strascinando il passo, al portone antico come le montagne, è un uomo intabarrato in una gabbana nera, le nuvole di fiato che il freddo condensa immediatamente sottolineano un affanno, un debito d’ossigeno che la postura non fa che confermare. Appoggia una mano ossuta ad un vecchio battente d’ottone e, con uno sforzo che lo piega sulle ginocchia, lo lascia cadere due volte sul legno, rompendo il silenzio della valle. Il portone, leggero, senza un cigolio, si apre su un lungo corridoio illuminato solo da fiaccole, su entrambi i lati. L’uomo lo percorre, attento a non cadere al peso della stanchezza, con passo malfermo, lasco nelle giunture che, sicuramente, dolgono nel profondo. Al termine del corridoio si apre una grande stanza al centro della quale c’è un altare rialzato, alla fine di una scala e, in cima un anziano in tunica. Medita nella posizione del loto, sembra circonfuso di luce e levita ad una ventina di centimetri come fosse una cosa naturale. L’uomo si inginocchia, quasi crollando, ai piedi della scala e scopre il suo volto, scavato e dolorante, non ha fiato e non ha voce e stringe con forza quasi rabbiosa le dita sulle ginocchia, a cercare forze ormai del tutto fuggite. Con fatica comincia a parlare: “Antico Maestro, con il cuore pieno di gioia e timore mi appresto a voi, grato di essere stato accolto al vostro cospetto. Ho attraversato deserti e montagne per essere qui, meravigliandomi di aver trovato, nel mio corpo decadente, la forza per affrontare tutti i pericoli che il lungo percorso mi ha riservato. Sono partito mesi fa, dal centro di un mondo che si crede civile, perché stanco delle ingiurie del tempo ma, soprattutto, di quelle dell’uomo; stanco della finta pietà e del godimento di un dolore, il mio, che mai mi abbandona. Stanco della falsità del popolo che mi blandisce ed avvelena, stanco della ricerca di una verità, di una epifania, che non arriva. Le chiedo, dunque, Antico Maestro, con tutta l’umiltà dovuta al vostro cospetto, di poter avere l’onore di essere accolto fra i vostri discepoli, così da poter imparare la sospensione del dolore e la conquista della pace”. Il silenzio si può quasi toccare fino a quando, come un respiro, giunge la risposta dell’anziano in meditazione: “No, prendi ristoro per le tue membra stanche e domattina lascia questo luogo”. L’uomo sgrana i suoi occhi neri, un’ombra dura li attraversa, “Perché Antico Maestro?”, “Perché non sei puro”; un moto di rabbia contrae la maschera dell’uomo, “Mai avrei pensato che anche voi vi fermaste all’apparenza di un corpo finito”, “Stolto, guardami”, l’anziano Maestro schiude le palpebre e mostra uno sguardo vuoto, due pupille bianche come la neve delle cime, “Io non posso vedere il tuo corpo finito, però posso guardare il tuo spirito ferito ancor più delle membra. Smetti di raccontarti una bugia, smetti di mentirti sul mondo; hai lasciato che gli sguardi che avevi intorno ti entrassero dentro, diventassero il tuo, fino a marcire; non è il corpo a decadere, è la tua anima ad essere putrefatta”. Finito di parlare, il vecchio Maestro richiude gli occhi ed il silenzio ritorna tutto intorno, su di lui e sull’uomo, in lacrime, ai piedi della scala.

Sono passati quasi tre anni da allora ma ho promesso che li avrei scritti tutti, i racconti, e fino alla fine manterrò questa promessa. Prima di questo ce ne sono altri 25

02 ottobre 2012

L'ultimo boccale



 L'ultimo boccale di birra è il mio. Sempre.
Quando l'ultimo cliente se n'è andato, con le sue gambe o con quelle di un altro.
Quando ho tirato su l'ultima sedia e spazzato l'ultima nocciolina.
Quando ho asciugato l'ultima goccia di un qualsiasi liquido caduto e Diotipregofachesiaacqua perché il nettare non si spreca.
Quando ho lavato l'ultimo bicchiere.
Quando ho contato l'ultimo coccio frantumato.
Quando ho chiuso la cassa e i conti.
Quando ho spento tutti i fornelli e controllato il forno.
Quando ho messo il lucchetto al frigo e alla dispensa.
Quando ho letto tutti i messaggi graffiati sui tavoli, i luiamalei, i leiamalui, i luiamalui e i leiamalei perché qui ci possono venire tutti, le squadre di calcio, le stramaledizioni e le benedizioni, i noisiamoqui.
Quando ho sorriso sull'ultimo tovagliolo di carta con il numero di telefono scritto con il rossetto e i cosatifarei.
Quando ho spento l'ultima luce e lasciato solo il bancone illuminato.
Quando ho pulito l'ultimo sgabello.
Metto su l'ulltimo pezzo allo stereo, prendo il boccale grosso e lo riempio di birra, fino all'orlo, schiuma permettendo, mi siedo con le spalle all'entrata. E bevo.
Sorseggio la birra fredda, mi asciugo le labbra e lascio il boccale lì perché è il primo boccale del mattino che devo lavare.
E' l'ultimo boccale di birra che viene svuotato ed è il mio. Sempre.

26 settembre 2012

I primi passi


L'inclinazione di Ezio Nardulli allo sfrangiamento di palle apparve subito chiara ai genitori quando si accorsero che il piccolo aveva la capacità di mettersi a piangere ed urlare nel momento esatto in cui uno dei due prendeva sonno. I motivi per cui piangesse erano i più disparati, dalla fame alle interrogazioni parlamentari, dalle colichette ai risultati del fantacalcio; le urla si sentivano nel raggio di due chilometri, cosa che, si capisce, non li fece ben volere dai vicini di casa tanto che, per uscire, erano soliti travestirsi da testimoni di Geova. I poveri genitori le provarono tutte, dal ciuccio in lattice alla sedazione coatta ma non ottennero che una denuncia dai servizi sociali per maltramenti, denuncia che misero insieme alle trecentoventisei avute per rumori molesti, di cui venti dalla discoteca a due isolati da casa loro. Oltre alla caratteristica di percepire il sonno dei genitori e bloccarlo sul nascere, il piccolo Ezio sviluppo anche il senso critico che, negli anni successivi, avrebbe continuato ad affinare; praticamente non gli andava mai bene un cazzo. Al momento della pappa non gli andavano bene, nell'ordine: il sediolone, il tavolo, il piatto, il cucchiaino, il bavaglino e, naturalmente, la pappa e così per il bagnetto, le fiabe e la nanna. Una volta, mentre la mamma gli cambiava il pannolino, lui mise la manina su uno dei nastri adesivi di chiusura e se lo sistemò meglio, infatti gli cadde appena la mamma lo tirò sù vanificando tutto il lavoro. Nel periodo in cui i suoi coetanei cominciavano a biascicare cose tipo "mamma" e "papà" le sue prime parole furono "è sbagliato", indicando la madre mentre cucinava. La prima volta che disse "papà" fu prima di "no così", mentre il padre aggiustava il rubinetto della cucina, cosa che, per inciso, faceva da anni visto che era idraulico. Era un bambino sveglio, Ezio, imparò velocemente ad articolare frasi fino ad arrivare a formulare anche discorsi di senso compiuto in cui giudicava negativamente cose di cui non sapeva assolutamente niente, cosa che avrebbe continuato a fare fino alla fine dei suoi giorni. In quegli anni dell'infanzia crebbe molto grazie all'enorme amore dei suoi genitori; grazie a quello e alla presenza del reato di infanticidio nel codice penale.

Come per il post precedente, nomi, situazioni (cose e città) sono frutta della mia fantasia (malata), ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è purà e semplice casualità.

18 settembre 2012

La nascita

Di poche persone si può dire di aver saputo da subito, con certezza, quale sarebbe stato il loro destino come di Ezio Nardulli. Ezio nacque alle 4 del mattino del 15 agosto in un piccolo ospedale di una località di mare che si guarda bene dal renderlo noto. Alla madre si erano rotte le acque nel momento stesso in cui il padre aveva posato le valigie sul letto della stanza di un albergo della sopra menzionata cittadina; esattamente cinque ore dopo che il ginecologo aveva detto queste testuali parole: "Il tracciato è chiarissimo, ci vogliono almeno altre due settimane, partite tranquilli, un weekend al mare può solo farvi bene". Ezio nacque dopo ventitre ore di travaglio, dopo che si furono fatti l'epidurale anche il medico, l'ostetrica e pure due portantini fuori della sala. Il padre, nel frattempo, si era fumato anche il ficus benjamin di plastica che ornava la sala d'attesa; al sessantasettesimo "Non si preoccupi, andrà tutto bene" aveva cominciato a demolire il reparto tanto che avevano dovuto sedarlo, con delle stampelle, ce ne erano volute sei ma, alla fine, lo avevano abbattuto. Ezio non ne voleva sapere di venire al mondo, avevano provato di tutto, il medico di turno aveva tentato anche offrendogli del denaro parlando con un megafono direttamente tra le gambe della mamma. Quando ormai lei era pronta a farsi, da sola, un cesareo con i cocci di una flebo Ezio decise che era il momento giusto e nacque, fregando l'ultimo posto disponibile della nursery ad una mamma del luogo. Di poche persone si può dire di aver saputo da subito, con certezza quasi matematica, il loro destino, cosa avrebbero fatto nella vita come di Ezio Nardulli: avrebbe rotto i coglioni.

10 settembre 2012

Hope



"La speranza è una specie di scarlattina infantile che ci portiamo dietro tutta la vita"
Gesualdo Bufalino

02 settembre 2012

Prima che mi scordo...

Oggi il mio blog compie sei anni, praticamente è pronto per la scuola elementare!

30 agosto 2012

Araba fenice

Brucio, di fiamma azzurra e rossa. Sono biomassa, come tutti, trasudo metano e infiammo. Piano tutto si propaga, dal basso verso l'alto e brucio, di invidia, rabbia, amore e odio, di stanchezza e lacrime. Sono fiamma che ondeggia piano, enorme, incurante della tempesta e urlo mille parole che bruciano anch'esse, che alimentano il fuoco. La pelle sclera, indurita si fa prima tizzone ardente e poi cenere, si sciolgono le ossa mentre sono vivo e amo e sbavo e grido e odio. Brucio di frasi, lette in giro, cazzate varie, sempre le stesse, la stessa merda, altra biomassa, altro metano. Sono stanco anche di urlare quante teste di cazzo ci stanno in giro. Sono in ginocchio, unica fiamma, con gli occhi vivi che guardano in giro e bruciano anche le gambe, si squagliano le fibre e lancio l'ultima stramaledizione a chi dico io, fissando il cielo, scuro di fumo. Sono braci, l'ultima cenere che si spegne inerte, l'ultima fiamma che si estingue lenta, si addormenta ed è silenzio.

Si alza il vento, turbina, è una colonna viva che gira e sparisce il nero, vola via e sono di nuovo in piedi, con più parole, più odio e più invidia, più amore e più cattiveria ed ho le mani strette e le gambe solide, la schiena dritta e guardo storto mezzo mondo, proprio quello che si crede migliore.

E rido.


Sì. Sono tornato.

13 agosto 2012

06 agosto 2012

Rancore

Come le fusa di un gatto, per ragioni del tutto opposte, il rancore vibra di orrenda vibrazione tra piloro e duodeno, dentro, nel profondo e monta di bile nera, come una cena pesante, notturna. Ogni gesto si amplifica di forza trattenuta dentro legamenti tesi, e spasmi, al rilascio di energia, muovono i muscoli, non visti. Il rancore urla, silenzioso a gli occhi, dentro cavità che ne fanno eco ed il tuono passa, veloce, dietro lo sguardo; codardo si nasconde in parole fermate in gola, dentro la punta delle dita e scivola via come la pioggia battente sui vetri che lascia righe opache quando si asciuga. Il rancore sono i giorni, lenti, uguali e monolitici, pesanti nei passi calpestati a testa bassa; sono nuvole che montano veloci mentre si finge il cielo sereno. Il rancore è l'esplosione che arriva improvvisa proprio quando tutto intorno è sorriso e calma per poi lasciare le macerie solo in chi lo ha provato.



31 luglio 2012

Saranno le antenne?

Ma che razza di ripetitori usano le frequenze delle radio cristiane chè la mia radio prende una messa ogni tre per due?!

27 luglio 2012

Pareti

Incerto sul da farsi si guardò le mani, polvere di gesso, si fece un applauso solo e liberò una nuvola davanti alla faccia; il vento la rubò. Guardò il cielo su, lontano, oltre la parete, oltre la cima, ed ebbe un brivido. Finse fosse il freddo. Mosse le dita nelle scarpe come se grattasse la suola dall'interno ed appoggiò il piede sinistro ad uno spuntone, abbraccio la roccia davanti a se, per farsela amica, per scoprirne i segreti, e cominciò a salire. Si vive la vita in prospettiva orizzontale, si disse, passi avanti e passi indietro; si cammina, si corre, si balla; secondo quella prospettiva lui, adesso, era immobile, intento nella sua vita verticale. Rise. Come un ragno con metà zampe, mani e piedi in cerca di un aiuto, sentì i muscoli ricordargli che c'erano e respirò la pietra davanti a se. Si fermò, sospeso, a guardare un fiore meravigliandosi della costanza della natura; dovrei imparare, si confessò. Evitò di  guardare in basso per non sentire ancora freddo nonostante il sole che gli scaldava la schiena. Prese dell'altra polvere di gesso e si presentò all'ultima pietra, piacere di conoscerti, mormorò, stanco, dolorante, felice. Sedette con le gambe dentro il vuoto contando i graffi sulle braccia come mostrine, medaglie, riconoscimenti. Sedette con le mani nella terra, incrociando le dita con i fili d'erba, innamorati di mondi diversi. Sedette con la faccia al cielo e guardò le nuvole che lo macchiavano. E respirò.

24 luglio 2012

Cose che infastidiscono3

Avete presente quando l'anticiclone africano entra nelle vostre vite senza bussare e decide che lì ci si trova bene e vi trovate, da giorni, già dalle 5 del mattino, con delle temperature così alte che non fate in tempo a leccare un cono gelato che lo state già pulendo via dalle dita della mano e non avete nemmeno la forza di bere tanto che chiedete al vostro medico se farsi delle flebo di birra ghiacciata possa in qualche modo fare male e valutate che sono le 5 del mattino ed avete già mangiato un cono gelato e rotto i coglioni al vostro medico che tanto non dormiva nemmeno lui per il caldo e vi trascinate durante la giornata con un'umidità da foresta equatoriale nei giorni di pioggia, senza pioggia però, mentre ci sono delle mosche svenute, sul pavimento, che vi chiedono se, gentilmente, potete infastidirvi da solo facendo "zzzzzzzzzzzz" ed infilandovi un dito nelle orecchie ogni tanto mentre siete stesi sul letto e vi date dell'imbecille perchè solo poche settimane prima vi lamentavate del freddo insistente chiedendovi quando sarebbe arrivato il caldo ed adesso, alle 2 del pomeriggio, completamente distrutti dall'afa cercate di riposare un attimo perchè, praticamente, avete già sudato l'equivalente del lago Vittoria e c'è ancora mezza giornata davanti e siete già pronti con Morfeo che vi aspetta a braccia aperte ma sentite arrivare l'inconfondibile rumore da frullatore sotto sforzo di quelle macchinette 50cc sicuramente guidate da un obeso pregiudicato cinquantenne con la canottiera color vomito che fa tanto scrittore fallito che, approfittando del fatto che tutti quelli con un'intelligenza media superiore a 15 se ne stanno a casa a cercare il fresco negli angoli bui, lancia la suddetta scatoletta di tonno a tutta velocità e spara dallo stereo sovrapotenziato una canzone da rave party per tossicodipendenti in fase terminale ad un volume che, in confronto, un boeing 747 in fase di decollo è un cinquettare di uccellini? Ecco.

19 luglio 2012

Lo yogurt

Ma perché quello nel vasetto non può essere tutto come quello sotto il tappo?

17 luglio 2012

Ritornante


Mi par di aver sorpassato le parole, le vedo, ansimanti, quando mi volto indietro ma, a dir la verità, a guardarmi indietro mi viene una certa vertigine perchè quando ti volti indietro immediatamente confronti il com'era ed il com'è e pur sapendo che tutto si muove, pur conoscendo bene la frattura ed i suoi rami, la faglia, il punto di rottura, ti fai delle domande.

Ah, sì, sono tornato.

29 giugno 2012

18 giugno 2012

Diroccato

Mi rimangono i segni neri delle braci dentro mezzo camino, la parete a sud sporca di fuligine e una finestra rotta sul vento del mare. Rimane il pavimento dalle maioliche rugate da una ragnatela di crepe e lo sbattere della porta sullo stipite scrostato a legno vivo.


Devo smetterla di affittare le case vacanze su internet.

08 giugno 2012

Canzoni alla radio...e non solo

Ho sempre pensato ai miei post come parole scritte, lette nelle mente, non parlate, cantate, urlate o declamate ma pare ci sia qualcuno che la pensa diversamente e quindi domenica sera, dalle 22, in un programma chiamato Blog Therapy che va in onda su una web radio, il buon Alessandro leggerà i tre episodi delle storie minime di Lei&Lui...

Episodio 1

Episodio 2

Episodio 3

Il link dove ascoltare la lettura...se volete eh...è questo qui

Ah...alla fine della lettura Alessandro mi farà anche una piccola intervista...tanto per gradire.

Poi non dite che non vi ho avvisato!

*Aggiornamento 11/06/2012*

Per chi s'è perso il programma di Alessandro, ieri sera, o per chi, in preda alla follia, volesse risentirsi la mia intervista, può riascoltarla a questo link

cliccate sul "play" accanto a "Blog Therapy" del 10 giugno ed aspettate che carichi oppure...

cliccate direttamente su "Blog Therapy" e nella finestra che si aprirà cliccate sui simbolini di winamp o del media player, scaricate il podcast ed ascoltatelo.

05 giugno 2012

5x1000

Questo è il front office del mio ufficio, così i clienti possono prendere per bene le loro decisioni chè essere un commercialista a qualcosa deve pur servire.

Per tutti voi che, invece, miei clienti non siete, tanto per ricordarvi...

30 maggio 2012

Scaglie d'anima

Grattò via lo sporco dal vetro con l'unghia, un gesto istintivo, nemmeno troppo consapevole, come se stesse grattando via un pensiero dalla testa, un'immagine dal fondo degli occhi. Con il mento appoggiato sul palmo dell'altra mano guardava fuori gli alberi che correvano lungo i binari, macchie sfocate che fuggivano via dal treno; pensò che i confini son roba degli uomini, che non cambi se stai di qua o di là da una linea...

23 maggio 2012

Vent'anni

Scusate se non si sente benissimo ma non potevo non mettere la versione fatta al mio paese, di questa splendida canzone, io ero lì in mezzo!

19 maggio 2012

il fattore di Crop

Adagiato tra le colline del Kirkcudbrightshire, nella Scozia del sud, il piccolo villaggio di Crop vive principalmente di agricoltura e pastorizia; è noto, infatti, che il miglior haggis di Scozia si faccia con le pecore di Crop. Molto note sono anche le patate rosse che ivi si producono. Si può dire, dunque, che quasi la totalità degli abitanti di Crop siano contadini ed allevatori. Tra questi il fattore Angus McFlanagan è sicuramente quello più famoso; basta chiedere a chiunque, nel villaggio, dove si possano trovare le patate o le pecore migliori per sentirsi rispondere, non senza una punta di invidia, che il posto che cerchiamo è la fattoria di McFlanagan, a sud di Crop, quasi al confine con quei “dannati” inglesi. McFlanagan riesce ad ottenere patate e pecore grandi quasi il doppio di quelle degli altri produttori e da anni praticamente tutti gli abitanti di Crop e non solo, cercano di scoprire il suo segreto; c'è chi dice sia l'acqua del suo pozzo, chi la terra dei suoi campi e dei pascoli. C'è chi, addirittura, arriva a dire che abbia fatto un patto con una banshee e che, dunque, le sue siano patate e pecore ottenute con la magia. Quale sia il segreto per cui i prodotti di McFlanagan siano migliori di quelli degli altri non si sa e sicuramente lui non lo rivelerà mai; fatto sta che le sue patate e le sue pecore vincono sempre il primo premio in tutte le fiere agricole del sud della Scozia, tanto che in tutte le contee vicine se chiedete del “fattore di Crop” vi verrà fatto un solo nome: Angus McFlanagan.

in realtà il fattore di crop è questa cosa qui, volevo solo attirare sul mio blog qualche appassionato di fotografia.

16 maggio 2012

04 maggio 2012

Un po' di foto...


Il buon giorno si vede dal mattino...


...anche da una diversa prospettiva...


...poi spazi un po' con lo sguardo...


...anche con gli occhi al cielo...


...e ti senti meglio anche se sei il fantasma di te stesso.

25 aprile 2012

Impressioni

L'attesa per l'imbarco.
Il decollo
La notte dall'oblo, la luce in fondo.
L'atterraggio con sobbalzo.
Il ghiaccio nei campi.
L'autostrada di notte.
Cartelli sconosciuti.
Poche auto, nessuna oltre i limiti.
Stoccolma.
Le luci.
Il freddo.
Birra e patatine alle due e mezza in un parco in centro città.
I conigli in giro per il parco.
Il senso di sicurezza, mio, non dei conigli che con me in giro, si sa, si preoccupano.
Delle finestre senza tapparelle.
Una colazione continentale, anche per quantità.
Una nuova moneta tra le mani.
Mille facce, una lingua sconosciuta ma anche un perfetto inglese.
La metro, anzi, tunnelbana.
Lo sguardo sul lago? Sul mare? Non sai mai quando è il Malaren e quando il Baltico.
I vicoli antichi.
I sorrisi.
Una cartina, della città, non per altro.
Una chiesa, tanto per gradire.
Il sole, tra le nuvole.
Un giro in battello.
Gli occhi che non bastano per tutto.
Un panino con non so cosa, nemmeno dopo averlo mangiato.
Un espresso direi passabile.
Il wi-fi del Caffè.
I musei.
"Taxi driver" e "Il Padrino" sottotitolati in svedese, nel museo.
L'aria.
Un ossigeno diverso.
Un passo dopo l'altro.
Una birra al bancone, ok, più di una.
Chelsea - Barcellona alla tv del pub.
Il dedalo di corridoi per la nuova stanza.
Una corona su un ponte.
Andy Warhol.
Sua sorella gemella, in metro.
La linea blu della metro piena di opere d'arte, ad ogni stazione.
Uno scheletro di balena, enorme.
Il fasciatoio anche nel bagno degli uomini; non che mi sia servito, il fasciatoio, il bagno sì.
Passi, passi e ancora passi.
Una zuppa calda, buonissima.
Perdersi.
Un aiuto per ritrovarsi.
Un parco.
Il suo lungolago, lungo chilometri.
Anatre e cigni tra i piedi.
Gente che corre, da sola, in compagnia, con il cane, con la carrozzina con il figlio.
Una panchina.
Senso di tranquillità.
L'agognata stazione della metro.
Un caffè.
Un dolce alla cannella.
Il cielo che si scolora, poco.
Un turco che mi nomina Del Piero.
Un piatto di kebab.
Un simpatico barista.
Una (ok, due) lager alla spina.
Un rosso del salento, inteso come vino, lì nel profondo nord; non ho avuto il coraggio di assaggiarlo.
L'ultima aria della notte, fredda, nelle narici.
La pioggia come saluto, lenta, fredda.
Le ultime spese.
Una foto in particolare.
L'autobus per l'aeroporto.
La stessa autostrada di due giorni prima.
Alberi, di notte si vedevano poco.
Fiumi.
Il peso del bagaglio, fortunatamente nei limiti.
Un pranzo svedese, molto buono.
Una perquisizione.
La mia rivista di fotografia, nella loro lingua assurda.
La fila per l'imbarco.
Il rollare dei motori.
Il volo sull'Europa.
Un vuoto d'aria.
L'atterraggio.
L'aria di casa al tramonto.

17 aprile 2012

Mai 2

Non sono mai stato all'estero. Sì, sono stato un giorno a Lugano ed uno a San Marino, ma, non me ne vogliano i simpatici abitanti del posto, non me la sento di considerlo estero; non voglio fare mica il difficile però credo che converrete. Non sono stato mai un gran viaggiatore, in realtà, ho visto meno dell'oncia di un quarto del decimo di quello che altri occhi hanno visto. Non sono mai stato all'estero, mi manca il confronto con le altre culture, il sentire un'ossigeno diverso nell'aria che hai voglia a dire che "è uguale", lo so bene che non lo è. Ho ascoltato racconti di viaggi e non li ho mai vissuti, ho viaggiato nelle parole di altri e vi confesso che ho invidiato ed invidio molto. Non sono mai stato all'estero, pure per poter dire "ho visto un altro cielo", "ho ascoltato un altro suono" e magari, stando zitto, confondermi con gli altri. Ho sommato motivi su motivi e ne ho fatto una collezione e non ho mai detto quanto misero mi sentissi dentro i racconti degli altri né quanto io stesso non sapessi trovare, in quella collezione, la motivazione giusta. Ho capito che di motivazioni sbagliate ce ne sono tante ma le motivazione, va da se, sono nostre ed hanno un significato per noi ed è divertente anche sentirsi dire come vanno le cose e come devono andare. Non sono mai stato all'estero. Ho assaggiato cucine diverse ma sempre sullo stesso suolo ed è diverso, lo so, non lo sto nemmeno a dire; non posso confrontare i sapori, nemmeno fare il gradasso, quello che gira il mondo ma cerca la pasta e poi dice "Ma come si mangia in Italia, da nessun altra parte", nemmeno l'italiano medio posso fare. Non sono mai stato all'estero, sentire una lingua diversa, concreta, tutto intorno a me e disinteressarmi al senso e cogliere solo il suono. Non sono mai stato all'estero a guardare mari diversi e diversi fiumi, annusare altre notti e sbadigliare di altra noia. Non sono mai stato all'estero, lo so, ma rimedio presto, stasera parto per Stoccolma.

28 marzo 2012

George Burns




"Peccato che tutti quelli che saprebbero governare il Paese siano già occupati a guidare taxi e a tagliare capelli"

...o a scrivere un blog.

21 marzo 2012

Mai

Non mi sono mai addormentato con la musica. Sì, ricordo che con il mio vecchio amato walkman ascoltavo la radio anche in piena notte, in una lontana estate di insonnia; ricordo che c'era il programma notturno di Radio105 che andava dalle due di notte alle sei del mattino, mi faceva compagnia con gli occhi sbarrati, al buio. Ma non mi sono mai addormentato mettendo un cd e lasciando aleggiare la musica nella stanza, piano, quasi ad accompagnarmi nel mio addormentarmi o, meglio ancora, un vinile. Godersi, nel silenzio della notte, non solo la musica ma anche il lieve fruscìo della puntina nei solchi e le secche scariche elettriche dell'elettricità statica che nessun panno, anche passato con perizia sul vinile, riesce a togliere del tutto. Scegliere con cura il disco, magari un autore poco conosciuto, straniero, così da non impegnare l'attenzione nel seguire le parole ma soltanto abbandonarsi al fondersi di queste con la musica; farlo partire, spegnere la luce e coricarsi, lasciare che le note riempiano la stanza illuminata solo dal display dello stereo e poi chiudere gli occhi con un sorriso e, la mattina dopo, ritrovare il lettore acceso o il piatto con il braccio a dimora ed il disco ancora su. Non l'ho mai fatto, prima o poi lo devo fare.

15 marzo 2012

Storie minime...e tre

Questa è la prima puntata

E questa è la seconda puntata

Lei

Non che avesse qualcosa contro i sorrisi, anche a lei era capitato di farne qualcuno, un paio di volte. L'ultima era stata quando aveva vinto la sua prima causa, mentre il giudice leggeva la sentenza aveva guardato il collega della parte avversa da dietro i suoi occhialetti tondi, e gli aveva sorriso. Ma forse quello andrebbe catalogato più come ghigno. Sua madre le diceva sempre che un bel sorriso era il migliore dei biglietti da visita ma lei si era sempre fidata delle tipografie. Semplicemente non capiva quel cameriere cosa avesse sempre da sorriderle; all'inizio aveva pensato che avesse avuto una piccola paresi facciale che gli aveva bloccato la bocca in quel modo ma una mattina lo aveva visto mentre parlava con un altro cameriere e le sue labbra erano normali poi aveva visto lei e si erano incurvate. Non aveva nemmeno la scusa di un ictus.

Lui

Gli era sempre piaciuto sorridere, sua madre amava ripetergli che un bel sorriso è il migliore dei biglietti da visita e lui preferiva non spendere soldi in tipografie. La volta del cornetto al pistacchio non avrebbe dovuto chiedere, in fondo mettono la lavagna con le scritte proprio per far scegliere i clienti; solo che, poco prima, ne aveva portato uno, ad un tavolo fuori, ad un ragazzo e quello lo aveva divorato con gusto immergendolo nel cappuccino. La ragazza che era con lui sbocconcellava un cornetto pera e cioccolata bevendo un ginseng in tazza piccola e ne aveva assaggiato un po' facendo una bella faccia di apprezzamento e tutti e due gli avevano sorriso. Erano belli, si toccavano le mani alla sprovvista e ridevano; anche a lui sarebbe piaciuto cogliere alla sprovvista la ragazza con gli occhialetti così da vederla senza la maschera, era convinto che quella durezza, in fondo, fosse una maschera; era una persona abbastanza fiduciosa, lui. Anche i colleghi volevano prenderla alla sprovvista ma lui li aveva fatti desistere, gli aveva detto che aspettarla in un vicolo buio con dei bastoni e diciotto cappuccini non sarebbe stata una cosa gentile.

10 marzo 2012

Ma se prem(i)o qui le fa male?

- Baol…
= Zzzzzzzz…
- Baoooool…
= Zzzzzzzz….grunf…
- BAOL! SVEGLIA!!!
= Zzzzz….Eh? Ma che succede? S’è allagata casa?
- No.
= M’hanno fregato la macchina?
- No.
= Ma allora, che cazzo è successo? Ma, soprattutto, chi cazzo sei?!
- Sono Mr Blogger.
= Ma allora ce l’hai a vizio di svegliarmi nel cuore della notte.
- Ma se sono le 11 del mattino!?
= Ah…davvero?
- Sì.
= Ehm…vabbè, ho avuto la febbre ieri, ero stanco.
- Febbre…37 e 6…vabbè…
= Senti, mi dici perché mi hai svegliato?!
- Ti hanno dato dell’Affidabile.
Il Blog Affidabile
= A me?! E come si sono permessi?!!
- Guarda che è un complimento.
= Dici?
- Dico.
= Ma chi mi ha dato il premio?
- Debora
= Ed in base a cosa?
- Ci sono delle regole per individuare un blog affidabile.
= Dimmele.
- 1) E' aggiornato regolarmente.
= Chi?
- IL BLOG!
= Scusa, sono ancora assonnato. Ci può stare, dai. Poi?
- 2) Mostra la passione autentica del blogger per l'argomento di cui scrive.
= E di che argomento scrivo io?
- E che ne so? Se non lo sai tu!
= Vabbè, il blog ce l’ho per pubblicare quello che scrivo, si può dire che lo faccio con passione, ci sta. Poi?
- 3) Favorisce la condivisione e la partecipazione attiva dei lettori.
= Questo è sicuro, sul mio blog possono commentare tutti, è che spesso non tornano…
- 4) Offre contenuti ed informazioni utili e originali.
= Ma se scrivo cazzate?!!
- Però sono originali.
= Mmmmm…giusto.
- Ultimo, 5) Non é infarcito di troppa pubblicità.
= Non ce n’è per niente di quella. Bene, premio preso, buonanotte.
- Guarda che non te ne esci così.
= Che altro devo fare?!
- Devi spiegare quando e perché hai deciso di aprire un blog.
= Uff…va bene, è stato il 2 settembre 2006, ho aperto il blog perché mi ero stancato di commentare soltanto sui blog degli altri.
- Minchia, 5 anni e mezzo che spari cazzate.
= Sì, cerco di prendere l’intelligenza per stanchezza. Abbiamo finito?
- Veramente dovresti indicare altri 5 blog che per te sono affidabili.
= Senti, leggo più di un centinaio di blog e trovo che ognuno di loro sia più affidabile di me, quindi questa parte la salto. Posso rimettermi a dormire?
- Ehm…
= Che altro?!
- Vorrei ricordarti che, tempo fa, Maraptica ha ricevuto il premio Versatile Blog e ti ha praticamente obbligato a fare quel meme…

= E potrei mai dire di no a Maraptica, io?!
- No, perché altrimenti ti mena.
= Sempre precisino tu eh?! Versatile…bah…sì…sono abbastanza versatile, diciamo così.
- Guarda che non è sinonimo di cretino.
= Ah no? Maddai… Che cosa dovrei fare?
- Raccontare sette cose di te che non si conoscono.
= Seeeeee…ma che cosa racconto?!
- Vuoi un suggerimento?
= NO! Tu sai troppe cose… Vabbè, cominciamo, allora, la prima è che da qualche mese mi sono scoperto gattaro, porto da mangiare ad un micetto nero con una macchia bianca che si è stabilito vicino casa, ormai siamo così in confidenza che, ogni volta, si mette a pancia all’aria e si mette a giocare.
- Ma che animo tenero…
= Poco a prendere per il culo.
- Ok. La seconda?
= Mmmmm… Quando andavo a scuola elementare, tornando a casa con alcuni compagni di classe, il lunedì passavamo attraverso il mercato settimanale, un paio dei miei compagni si fiondavano tra i banchetti e fregavano un po’ di frutta.
- Miiii, stai confessando un reato!
= Non ho mica detto che lo facevo anche io, e poi è prescritto ormai.
- Se, vabbè, e tu cosa facevi allora?
= Io ed un altro non volevamo fare questa cosa, siamo andati da uno dei fruttivendoli e gli abbiamo chiesto della frutta.
- E?
= Ogni lunedì questo signore ci puliva un frutto o una verdura e ce la regala.
- Furbi… dai, va avanti, la terza cosa.
= Vediamo, vado in fissa per le serie tv americane e so praticamente a memoria puntate su puntate dei Simpson, e sono due.
- No no, questa vale uno.
= Ma…
- Niente “ma”, spara la quarta cosa.
= Ho una passione smodata per i panzerotti fritti.
- Praticamente tu hai una passione smodata per tutto quello che è commestibile e, temo, anche per ciò che è quantomeno masticabile.
= Non esagerare, mangio tutto ma il panzerotto fritto è sempre il panzerotto fritto.
- Sarà…
= Hai mai assaggiato il panzerotto gigante di Di Cosimo, a Bari?
- No.
= Allora non puoi esprimerti!
- Ne mancano ancora tre, la quinta?
= Durante la scuola superiore sono stato innamorato di una mia compagna di classe per quattro anni su cinque ma lei non mi ha mai filato nemmeno per sbaglio. Così esauriamo anche il capitolo “confessioni romantiche”.
- Ho gli occhi a cuoricino guarda.
= Falla finita che c’è già chi mi dice che non sono stato capace di metterci una pietra sopra. Andiamo avanti?
- Ok… Vai con la sesta.
= Faccio un uso smodato di aforismi e citazioni.
- Come mai?
= Perché dovrei rischiare di dire una cazzata se un altro ha già espresso meglio di me tale pensiero?
- E da quando ti fai scrupolo di dire cazzate?
= Sto cercando di smettere.
- Ne manca ancora una.
= Uffa, sono davvero a corto di idee.
- Dai, la settima ed ultima.
= Trovato. Prima di pubblicare un post lo scrivo prima su carta, poi lo ricopio in word e lo modifico e poi lo ricopio nel blog, modificandolo ancora.
- E nonostante tutto ‘sto lavoraccio ti escono comunque delle stronzate?
= Li peggioro apposta tra carta e word e tra word e blog. Allora, contento? Ho finito, posso mettermi a dormire!
- Di nominare altri blog non se ne parla, vero?
= Assolutamente no! Buonanotte…
- Ehm…senti…
= Che altro c’è?!
- Visto che ci sei, ci sarebbe Chaillrun che ti ha chiesto di elencare le dieci cose che ti fanno stare bene.
= Un altro elenco??! Nooooo, daiiii!!!
- Essù…
= Uff, vabbù, però, c pall!
- E non ti esprimere in arabo!
= Le dieci cose le dico a caso oppure devo pure metterle in classifica?
- No no, a caso.
= Meno male. Allora inizio dicendo “ridere e far ridere”.
- Speriamo nelle altre nove cose, questa non credo ti dia molte soddisfazioni.
= Anche tu, vena comica fantastica. Poi dico “l’amore”.
- Ma, farlo o sentirlo?
= Sei un po’ troppo curioso, il mio è un blog aperto a tutti, mica solo a gli adulti.
- Rispondi, su.
= Entrambe le cose.
- Pure farlo? Hahahahahahahaha, ma dove???
= Sei sempre stato pieno di fiducia in me, sono commosso.
- Passa alla terza cosa va.
= “La birra con gli amici”, inteso come il cazzeggio rilassato con le persone a cui vuoi bene.
- Questa è sacrosanta, concordo!
= E poi, “scrivere”, scrivere mi fa stare bene, ci sfogo la rabbia, mi invento vite, materializzo sogni.
- Questa dello scrivere me l’aspettavo, poi?
= “I libri”, ci va a braccetto no?
- Beh, certo. Visto? Le prime cinque le hai già dette, altre cinque ed hai finito.
= “Milano”.
- La canzone?
= La città.
- Milano ti fa stare bene?
= Sì, è talmente legata a me attraverso i miei ricordi che ogni volta che ci vado mi sento bene, sto bene.
- Ma è inquinatissima!
= Certo, perché tu preferiresti vivere in campagna, vero?
- Infatti.
= Allora vieni a sentire l’odore che c’è dalle mie parti nel periodo da aprile ad agosto e oltre, poi mi dici. Sono alla settima, la settima è “il cibo”.
- Maddai, non lo avrei mai immaginato.
= No eh? Mi piace stupirti! Ma vuoi mettere una bella mangiata?!
- Vai con l’ottava.
= "La mia felpa viola con il cappuccio".
- Strana questa.
= Lo so ma è così. “Levarmi le scarpe dopo aver camminato tanto”, bella questa eh?!
- Certo, fa stare bene te ma non quelli che ti stanno intorno.
= Simpaticissimo. Decima ed ultima “i miei nipoti”.
- Hehehehehehehe, lo sapevo che ce li mettevi.
= In questo momento queste sono le dieci cose, magari in un altro momento alcune potrebbero variare, ma non credo. Posso rimettermi a dormire ora?
- Va bene ma è mezzogiorno!
= Vabbè, mi metto a dormire dopo pranzo.

05 marzo 2012

Una curiosità

Ma a voi capita mai di rompervi talmente il cazzo da voler mandare tutta la vita a farsi fottere?

28 febbraio 2012

Fabrizio la cantava

MORIRE PER DELLE IDEE

Morire per delle idee, l'idea è affascinante
per poco io morivo senza averla mai avuta,
perchè chi ce l'aveva, una folla di gente,
gridando "viva la morte" proprio addosso mi è caduta.

Mi avevano convinto e la mia musa insolente
abiurando i suoi errori, aderì alla loro fede
dicendomi peraltro in separata sede
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè ma di morte lenta.

Approfittando di non essere fragilissimi di cuore
andiamo all'altro mondo bighellonando un poco
perchè forzando il passo succede che si muore
per delle idee che non han più corso il giorno dopo.

Ora se c'è una cosa amara, desolante
è quella di capire all'ultimo momento
che l'idea giusta era un'altra, un altro movimento
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta
ma di morte lenta.

Gli apostoli di turno che apprezzano il martirio
lo predicano spesso per novant'anni almeno.

Morire per delle idee sarà il caso di dirlo
è il loro scopo di vivere, non sanno farne a meno.

E sotto ogni bandiera li vediamo superare
il buon matusalemme nella longevità
per conto mio si dicono in tutta intimità
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè,
ma di morte lenta.

A chi va poi cercando verità meno fittizie
ogni tipo di setta offre moventi originali
e la scelta è imbarazzante per le vittime novizie
morire per delle idee è molto bello ma per quali.

E il vecchio che si porta già i fiori sulla tomba
vedendole venire dietro il grande stendardo
pensa "speriamo bene che arrivino in ritardo"
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè,
ma di morte lenta

E voi gli sputafuoco, e voi i nuovi santi
crepate pure per primi noi vi cediamo il passo
però per gentilezza lasciate vivere gli altri
la vita è grosso modo il loro unico lusso
tanto più che la carogna è già abbastanza attenta
non c'è nessun bisogno di reggerle la falce
basta con le garrote in nome della pace
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta,
ma di morte lenta.

(lascio le parole e i pensieri a lui)

20 febbraio 2012

Meringa, emulsionare, saporito

Era il 25 ottobre del 2009 e quasi giunto alla fine del mio "anno milanese" sentivo come se la fantasia, l'inventiva, se ne fosse andata via per qualche suo giro strano e così, per stimolarla un po', chiesi ai miei lettori di allora di propormi tre parole, un aggettivo, un sostantivo ed un verbo che io poi avrei usato per scriverci un post. Mi arrivarono più di trenta triplette (ed alcune non erano nemmeno triplette) ed armatomi delle mie parole cominciai a scrivere i post, l'ultimo l'ho scritto il 5 luglio dell'anno scorso, ma le triplette non sono ancora finite e visto che avevo promesso che le avrei scritte tutte oggi cerco di ricominciare postandone un'altra. Per chi volesse leggersi (o rileggersi) i racconti scritti fino ad ora, basta cliccare qui.

Il post dalle tre parole di Gata da plar

Giusto un attimo fa

“Dovete emulsionare gli ingredienti facendo in modo, così, che i sapori ballino insieme e non litighino”; la tv è accesa sull’ennesimo programma di cucina, non raccoglie l’interesse di nessuno, se non della pianta che, sulla mensola, lenta ed inesorabile si avvia a perdere tutte le foglie; giusto un paio ne sono appena cadute sul terreno che, a fatica, cerca di assorbire dell’acqua. I cuscini del divano, come polmoni nell’inspirazione, riprendono lentamente la forma originale dopo aver sopportato un peso. “Sbriciolate la meringa sino a ricoprire tutto il vostro splendido dolce”, la tv della cucina sembra puntata sullo stesso canale dell’altra ma, in realtà, è un altro programma, come se l’unica necessità possibile sia imparare a cucinare. Nel lavabo il lavandino aperto soffia un getto d’acqua tra le stoviglie alla rinfusa che, approfittando della convessità di un mestolo, salta un po’ oltre il bordo fino al pavimento. Sul tavolo una tazzina con due gocce di caffè a sedimentare sul fondo, alcuni granelli non disciolti tradiscono il fatto che non fosse amaro; il piattino di ceramica sta emettendo le ultime vibrazioni dell’acciottolio tra lui e la tazzina, il suono del caffè appena terminato; non infastidisce nessuno intorno a sé, se non il gatto che, zigzagando tra le gambe della sedia scostata dal tavolo, si avvicina alla finestra ed osserva un passerotto venuto a becchettare i probabili resti di una colazione, immaginandolo sicuramente saporito e dispiacendosi di non essere riuscito ad uscire prima che la porta finestra si chiudesse davanti a lui con uno scatto.

10 febbraio 2012

Respira soltanto



Una lacrima ti cade nel lavello dove sono a bagno le stoviglie della cena, non sempre il trucco funziona, alzarsi ogni giorno alla stessa ora, apparecchiare per la colazione di tutti e tre, fare gli stessi passi, dire praticamente le stesse cose. Ripetere i gesti talmente tante volte che il corpo va da sé, inserisce l’autopilota e mette tutto il resto in stand-by e così le giornate passano senza nemmeno cominciare ma a volte il meccanismo si inceppa, l’ingranaggio salta un movimento e ti ritrovi con le mani sul lavello, strette a sbiancare le nocche e poi corri con la mano sulla guancia ché già senti i passi nel corridoio, ti asciughi veloce, semplicemente, respiri.

07 febbraio 2012

Le rispondo qui

Egregio Anonimo che, nel post precedente, mi ha prima scritto "ARRIVI TARDI COJONE, è STATO PROPOSTO ANCHE ALLA CAMERA, NON SAI UN CAZZO" e poi ha ribadito "COJONE 2VOLTE", vorrei dirle che, beh, sì, per tutta una serie di motivi che non sto qui ad elencare per non tediarla, credo di essere un po' coglione o, meglio, come scrive lei, esimio soggetto che non c'ha nemmeno i cojoni (appunto) di firmarsi, sono un po' cojone. Oppure dovrei dire che sono cojone due volte visto che, a quanto pare, a suo modesto parere, parlando da esperto, dovrebbe essere una specie di minimo sindacale. So di non poter competere, naturalmente, con il suo livello che sarà, quantomeno, un numero irrazionale ma vorrei semplicemente farle notare come l'articolo che IO ho linkato nel post qui sotto riporta espressamente che il deputato Jannone (che sia per questo che ha usato la "j"? Lei è davvero una mente sopraffina) ha proposto la nostra versione del "gratta e vinci" contro l'evasione, il 19 ottobre 2009. Vorrei anche farle notare che non ho mai scritto che da noi non era mai stata proposta, né che la propongo io, in anticipo su tutti (o sul suo stupore? Non so); ho forse scritto che sono dei geni perché l'hanno approvata? Forse volevo semplicemente essere ironico? Lascio questi dubbi alle sue gentilissime cellule cerebrali perché appare chiaro che l'articolo lei non lo ha letto, forse non ha mai letto questo blog e, trovandosi a passare, ha pensato di provare l'ebrezza di offendere in modo anonimo una persona che nemmeno conosce, cosa non si fa per provare dei brividi che la vita sicuramente non ci riserva più. Oppure lei questo blog lo legge, magari è anche passato firmandosi, e adesso, esplodendo di piccolezza, si è spinto verso il commento anonimo. Poco importa, ha potuto vedere che, nonostante ci sia una moderazione che, magari, ad alcuni (suoi simili e non) potrebbe sembrare una limitazione della libertà, io i suoi gentilissimi commenti li ho fatti apparire; quando ha voglia di chiamare qualcuno cojone torni pure, non abbia remore o timori, chi sono io per togliere a chi non ha nulla queste piccole soddisfazioni?
Con sentito affetto

Domenico Renna
(questo si chiama firmarsi)

30 gennaio 2012

Pausa caffè


A volte cerchi una risposta nei fondi di caffè e ci trovi solo grani di zucchero grezzo disciolti male

24 gennaio 2012

Storie minime...ancora

Lei

La storia della parola gentile e delle due Berlino, in realtà, era una esagerazione. Non era stata poi così gentile. Aveva solo detto "non è nulla" dopo il "mi scusi" di un tizio che l'aveva urtata, non senza un'ombra di freddezza, a dire la verità; dopo "nulla" aveva fatto proprio sentire il punto, come le telefonate che si chiudono all'improvviso e dopo si sente solo il tutututututu della linea interrotta. Ogni mattina si fermava nel solito bar, non perchè si trovasse bene ma perchè, tra quelli che incrociava nel tragitto casa - lavoro, era il meno peggio; certo, ci avevano messo un po' a capire come voleva il cappuccino ma adesso il cameriere che la serviva, sempre lo stesso, lo faceva passabile, solo si domandava cosa avesse sempre da sorridere.

Lui

In realtà avrebbe anche potuto non chiederle cosa desiderasse, la sua risposta era sempre: "un cappuccino con poco caffè e schiuma media ed un cornetto integrale, al miele". Una mattina le disse che c'erano degli ottimi cornetti alla crema di pistacchio, lei lo aveva guardato con lo sguardo ancora più opaco e gli aveva detto, con voce monocorde tendente allo stizzito, che aveva già letto, sulla lavagnetta all'entrata, che c'erano i cornetti alla crema di pistacchio, che non era un'analfabeta e che, no, voleva il suo cornetto integrale, al miele. Ed aveva riportato lo sguardo opaco sul giornale aperto sul tavolino.

17 gennaio 2012

Storie minime

Lei

Lei portava degli occhialetti tondi con una montatura sottile, nera, ed aveva uno sguardo inutile che appoggiava con supponenza su tutto. L'ultima volta che aveva rivolto una parola gentile a qualcuno Raf cantava ancora in inglese e Berlino era divisa in due; da allora era sempre stata democraticamente odiosa praticamente con tutti, le stava antipatico il mondo. Non che il mondo non ricambiasse; chiunque la incrociava, con quel suo sguardo insipido e la bocca stretta come se intorno ci fosse puzza, provava una profonda antipatia, a pelle.

Lui

A lui la ragazza con gli occhialetti piaceva, gli piaceva quello sguardo opaco dietro le lenti tonde e quella bocca stretta come se il caffè facesse sempre schifo. Gli altri la chiamavano "l'antipatica" ma a lui non piaceva quel soprannome, al massimo l'avrebbe chiamata "la sostenuta" perchè sembrava sempre che si trovasse in un posto inferiore ai suoi standard. Nessuno degli altri voleva servirla da quando si era fatta rifare diciotto volte un cappuccino perché non c'erano abbastanza bolle nella schiuma, ma lui no, lui era l'unico che andava lì, ogni volta, con un sorriso e le chiedeva "cosa ti posso portare?".

11 gennaio 2012

Tredici anni fa



Tredici anni fa te ne sei andato, l'ho saputo dall'sms di un amico, c'era scritto solo "mi dispiace", allora ho acceso la tv ed ho sentito la notizia, la notizia che Dio aveva voluto accanto a sè uno che gliele cantasse. Da te ho imparato molte cose, ho imparato parole e silenzi, ho imparato stupore e rabbia, ho imparato.
Questa canzone è perché te ne sei andato in inverno, anche se non sei all'inferno, ne sono sicuro.
Questa canzone è perché è triste, ed io sono triste.
Ciao Faber

06 gennaio 2012

Paolo

Paolo è seduto su una panchina nella parte alta del paese, gli piace quella panchina, da lì si vede quasi tutta la vallata sotto; ci viene spesso, si siede a leggere o semplicemente a guadare oltre il parapetto, appoggia lo sguardo fino a dove riesce a lanciarlo, segue il profilo delle colline, albero per albero, e scioglie tutti i pensieri lungo il percorso. Ha chiuso un momento il libro che ha in mano usando un dito come segnalibro e si è messo a guardare davanti a se; non sai mai come reagisci a quello che leggi in un libro, il nome di un luogo, di un personaggio, possono darti un attimo di vuoto dentro, possono portarti in un posto in fondo a te che non volevi vedere ed allora ti devi fermare per un momento a risincronizzare il respiro con tutto il resto. Ha occhi chiari Paolo, in certe fredde mattine d'inverno, come oggi, quando il cielo spazzato dalla tramontana è di un azzurro che ti prende a schiaffi, diventano quasi trasparenti. Anni fa una ragazza, usando le parole di Faber in Khorakhanè, gli ha detto che i suoi occhi erano limpidi come un addio; era un momento triste, il capolinea di qualcosa ed i suoi occhi si sono schiariti verso l'interno come per regalare a quella ragazza la vibrazione che aveva dentro. Nonostante questo, però, Paolo, ancora adesso, pensa sia il complimento più bello che abbia mai avuto, uno di quei ricordi che si usano per scaldarsi un po' e sorridere da soli, sotto i baffi.

04 gennaio 2012

2011

1) Liza Marklund – Il testamento di Nobel (e-book)
2) Giorgio Scerbanenco – Traditori di tutti
3) Kary Mullis – Ballando nudi nel campo della mente
4) Niccolò Ammaniti – Branchie
5) Stefano Benni – Le Beatrici
6) Álex Rovira - Francesc Miralles – L’ultima risposta di Einstein (e-book)
7) Scarlett Thomas – L'isola dei segreti (e-book)
8) Gianrico Carofiglio – Non esiste saggezza
9) Nicolai Lilin – Educazione siberiana
10) Jan Wallentin – La stella di Strindberg (e-book)
11) Joseph Conrad – La linea d'ombra
12) Claudia De Lillo – Nonsolodue
13) Ann Featherstone – Il circo maledetto
14) Giampaolo Perna – Fobie
15) Gianrico Carofiglio – Il passato è una terra straniera
16) Stieg Larsson – Uomini che odiano le donne (e-book)
17) James Ellroy – I miei luoghi oscuri
18) Stefano Benni – Achille piè veloce (riletto)
19) Abraham B. Yehoshua – Le nozze di Galia – Di fronte ai boschi (2 racconti)
20) Donato Carrisi – Il suggeritore
21) Gianrico Carofiglio – La manomissione delle parole
22) Alessandro Baricco – Mr Gwin
23) Belinda Bauer – Blacklands (e-book)
24) Stieg Larsson – La ragazza che giocava con il fuoco (e-book)
25) Stefano Benni – La traccia dell'angelo
26) Andy Riley – Dawn of the bunny suicides
27) Andrea Vitali – Parola di Cadavere (1 racconto)

Questo è ciò che ho letto nel 2011